Tornerò (2022)

Con questa serie fotografica cerco di aprire una nuova finestra sulla Sardegna, un'isola che vede i sardi, giovani e meno giovani, costretti ad abbandonarla per svariati motivi.

Eppure, i sardi tornano, sempre.

Martina


Descrivi l’isola con una parola.
Abbraccio.

Cosa fai quando ti manca la Sardegna?
Cucino qualcosa con lo zafferano, che mi ricorda tanto casa!

Cosa ami di più della Sardegna?
I sardi, il loro essere ospitali e accoglienti con rispetto e riservatezza.

Una cosa che ti manca della Sardegna quando sei all’estero?
La mia famiglia.

Se ci fosse stata la possibilità di studiare/lavorare qui, pensi che saresti partita ugualmente?
Sì, avevo la possibilità di continuare i miei studi di dottorato qui, peraltro con un gruppo di ricerca eccellente, ma ho sentito la necessità di andare all’estero ed entrare in contatto con nuove culture. Per ciò che ho imparato e come sono cresciuta personalmente, rifarei questa scelta mille volte.

Qual è la caratteristica più "sarda" che ti è stata riconosciuta all’estero?
Sicuramente la testardaggine (!), ma anche una forte identità e orgoglio per la propria terra, che ho scoperto essere tipica di molti isolani in tutto il mondo.

Cosa vuol dire per te "tornare"?
Penso che nascere in Sardegna sia un privilegio: non tanto per il sole e per il mare, ma per il senso di ospitalità e rispetto verso il prossimo radicato nella nostra cultura e con cui cresciamo.
"Tornare" per me significherebbe ripagare la Sardegna per tutto questo, mettendo ciò che imparo col mio lavoro tutti in giorni a servizio delle realtà locali.

Yvette


Descrivi l’isola con una parola.

Serena. Mi ispira un senso di serenità.


Una cosa che ti manca della Sardegna quando sei all'estero?

La cosa più scontata è il sole. Ovviamente, poi, c'è la famiglia. E infine il senso di poter essere fedele a me stessa.


Come se ti identificassi con la persona che sei quando sei qua?

Sì, sarà un insieme di cose come l'ambiente, il fatto di essere circondata dalla famiglia e dagli amici, però sento che quando sono qui con loro sono proprio in pace con me stessa, in un certo senso. Mentre, quando sono fuori, mi sembra di dover "combattere" tante cose contemporaneamente e questo è come se mi portasse a perdere me stessa, per sopravvivenza.


Cosa vuol dire per te "tornare"?

Credo che, da un certo punto di vista, voglia dire mettere in pausa. Da un altro punto di vista, invece, equivale ad andare avanti. Nel senso che metto in pausa tutta la negatività, le frustrazioni e le ansie che ho quando sono fuori, e vado avanti perché ogni volta che torno qua sento di essere cresciuta, nel modo di rapportarmi con le persone (anche a causa della pandemia) ed è come se riuscissi a mettere in prospettiva dove sono arrivata con la mia vita. Inoltre, la vita lì va molto velocemente per via degli studi, invece, qui posso raccogliere i pensieri e focalizzarmi sui traguardi che in genere passano inosservati mentre li vivi.


Quindi in Sardegna riesci a ricomporti un attimo per poi ripartire.

Esatto. E penso che la bellezza stia nel trovare l'equilibrio tra le due cose. Se riesci a prendere il meglio di entrambi i mondi, allora è in quel momento che inizi a stare bene. Ovviamente ci sono le difficoltà, come la pandemia, che ha cambiato tutto e ha fermato il mondo. Ed è lì che sento questo distacco netto tra l'Italia e l'Olanda, dove ho vissuto il lockdown. Mi trovavo in un posto che non mi apparteneva durante una crisi mondiale, e ogni volta che tornavo qui mi fermavo un attimo, riconoscevo che il mondo sarebbe andato avanti comunque, però era fondamentale che mettessi in pausa la mia vita, e la Sardegna me lo permetteva. Fuori dall'isola, invece, non sarebbe stato possibile, perché il mondo non aspetta te.


Hai potuto applicare quello che hai imparato fuori alla tua vita in Sardegna?

Ti dirò, dipende. Quando torno qua, torno con un nuovo bagaglio di esperienze e di cambiamenti personali, caratteriali, perché per sopravvivenza a volte devi cambiare delle parti di te. Nel mio caso, son dovuta diventare schietta, perché dove vivo lo sono per cultura. Se non hai queste qualità, tendi ad essere emarginato. Noi sardi in quel senso siamo più rilassati, più calorosi, cerchiamo di far star bene tutti. Quando torno qua riconosco la mia capacità di far fronte a varie difficoltà, però allo stesso tempo devo riabituarmi al mio essere sarda, ed essere meno harsh.


Quindi, secondo te, i giovani sardi sono bravi ad adattarsi? O c'è una difficoltà?

Credo che sia una cosa normale, quella di adattarsi, e ogni generazione ha dovuto farlo. Siamo arrivati a un punto in cui riusciamo a fare tesoro di quello che abbiamo imparato e allo stesso tempo abbiamo voglia di prenderci quello che è nostro.

Simone


Descrivi l’isola con una parola.

Penso “famiglia”.


Cosa ami di più della Sardegna?

Soprattutto dopo essere stato a Milano, ho rivalutato tantissimo i rapporti umani. In Sardegna c’è molto più calore da quel punto di vista. E poi la tranquillità. Lì è tutto caotico, sempre frenetico. Invece qui mi sembra sempre che le cose vadano piano e che ci sia più tempo.


C’era qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta?

In generale, tutti l'hanno rispettata. Forse mia madre, non tanto per la scelta in sé, o per i miei progetti e le mie ambizioni, ma proprio per una questione affettiva, ha avuto bisogno di un po' più di tempo per essere completamente convinta. La nostra famiglia è molto unita e siamo abituati a stare insieme, quindi – dato che sono partito insieme a mia sorella – ritrovarsi due membri in meno della famiglia all’improvviso è stato comunque un distacco importante. Sono passati dei mesi prima che potesse metabolizzare la cosa e decidere che era d'accordo.


Quello che sta uscendo dalle interviste è che noi sardi, l'isola, e nello specifico l’identità sarda, ce la portiamo proprio dentro, ed è difficile liberarsene o comunque non sentirla così forte. Perché hai voluto prendere parte a questo progetto?

In generale perché quando ho letto del progetto mi è piaciuto tantissimo, e proprio perché per me è una cosa nuova e sto vivendo questa esperienza da poco. Ho pensato quindi di cogliere l’occasione per raccontare un po’ come la sto vivendo.

Stefano


Descrivi l'isola con una parola.

Questa domanda è difficile, sai? La prima che mi viene in mente è pace, che descrive un po' come mi sento quando torno. Mi piace pensare che ormai la Sardegna sia il luogo di villeggiatura della mia anima. Quando sono qui, la mia anima è tranquilla.


Perché hai voluto prendere parte a questo progetto?

Perché credo sia interessante analizzare i motivi per cui ognuno di noi ha lasciato l'isola e quelli per cui poi torniamo.


Cos'hai provato la prima volta che hai lasciato la Sardegna?

Essendo nato in un paesino, avendo studiato in un altro, per tutto il tempo sono cresciuto pensando che il mio modo di essere fosse sbagliato. La prima volta che ho lasciato quella sorta di prigione è stato il momento in cui mi sono sentito libero di essere ciò che sono. Appena sono atterrato a Milano, ho tirato un sospiro di sollievo e ho pensato: “Ora inizio veramente a vivere.”


E' bello avere un posto in cui ci si può sentire così.

Sì, anche se devo ammettere che, nonostante io me ne sia andato pensando che la Sardegna non mi avrebbe mai permesso di vivere la mia vita, per fortuna non è stato così: se ora provo pace quando torno qui è anche perché la mia famiglia mi ha sostenuto molto da questo punto di vista. Ero convinto che non mi potessero capire, e invece aspettavano solo che io fossi pronto a condividere con loro questa parte di me.


In te noto una voglia di “staccarti” dalla Sardegna più personale che professionale, mi sbaglio?

Mio padre è di Milano, e quella città mi ha sempre affascinato. Non era scontato che me ne volessi andare, ma in quarta superiore, durante un Open Day a Sassari, ho realizzato che mi sarebbe piaciuto studiare Comunicazione perché ero appassionato di cinema e televisione, e così poi ho fatto. Quindi in me la necessità di andarmene per motivi personali conviveva con quella data dalla voglia di formarmi in questo campo.

Debora


Descrivi l'isola con una parola.

Magica.


Cosa fai quando ti manca la Sardegna?

Ascolto Mahmood. Lo adoro.


Cosa ami di più della Sardegna?

Il suo mare e i suoi paesaggi così selvaggi, che mi danno l'idea di tanta libertà e di pura magia. C'è qualcosa di sacrale che non trovo mai in nessun altro luogo. Quindi amo la libertà che ti può dare questa terra, anche se bisogna ammettere che, per i giovani che non si possono spostare, possono esserci più limitazioni.


Una cosa che ti manca della Sardegna quando sei all'estero?

Il mare.


Se ci fosse stata la possibilità di lavorare qui, pensi che saresti partita ugualmente?

Penso che sarei partita per vedere il mondo, ma se ci fossero state le opportunità sarei rimasta qua.


C'era qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta?

No, in realtà, mi hanno sostenuto quasi tutti. Era un po' palese già dai tempi del liceo [che volessi partire], perché sentivo già le limitazioni imposte dalla Sardegna. Mi rinchiudevo a casa a leggere e a guardare film in attesa di poterlo fare.


Cosa vuol dire per te "tornare"?

Ogni volta è un'emozione diversa, dipende da dove stai tornando. Quando tornavo dalle stagioni di lavoro che non mi erano piaciute, mi scendevano lacrime amare e mi giuravo che non me ne sarei più andata. Quando invece tornavo da esperienze bellissime, come l'Erasmus, non vedevo l'ora di ripartire. Sono appena tornata dopo aver vissuto dieci anni fuori, per la prima volta non ho preso il biglietto di ritorno, quindi ancora il fatto di tornare o restare è un dubbio. Ho fatto tanti sacrifici in questi anni, e al momento ho bisogno di una pausa.


Hai potuto applicare quello che hai imparato fuori alla tua vita in Sardegna?

Assolutamente sì. Ho imparato che i sardi hanno una mentalità molto difficile. Ci facciamo la guerra tra di noi, quando invece dovremmo restare uniti.

Giusi


Descrivi l'isola con una parola.

Identità.


Cosa fai quando ti manca la Sardegna?

Penso al mare. E se posso cerco un posto con del mare.


Se ci fosse stata la possibilità di lavorare e studiare qui, pensi che saresti partita ugualmente?

Sì.


Perché?

Perché secondo me siamo un po' la generazione del Why not?, quindi tu non fai qualcosa perché ti conosci e sai che ti piace o che è perfettamente coerente con il tuo essere, ma lo fai perché hai la possibilità di farlo, se e quando hai la possibilità di farlo. Quindi credo che sarei partita comunque, avendone avuto la possibilità. Probabilmente, se la Sardegna mi avesse offerto le stesse opportunità di crescita lavorativa che ho trovato fuori, ci avrei riflettuto di più.


C'era qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta?

No, in realtà no. Più o meno tutte le persone con cui ne avevo parlato mi dicevano: “Se puoi farlo, fallo.” Era comunque un'opportunità in più.


Per te "tornare" cosa rappresenta?

Tornare rappresenta un nuovo inizio. In generale rappresenta una pausa, per me vuol dire proprio rallentare. Le cose qua vanno molto più lentamente. Quello che mi sono sempre sentita dire è stato: “Tu vai, tanto torni fra tre anni, e qua non sarà cambiato quasi nulla.”


Quindi è come se la Sardegna fosse un pianeta dove la vita rallenta.

Esatto, la Sardegna segue un orologio tutto suo.

Irene


Descrivi l'isola con una parola.

Calore.


Perché?

Si tratta sia di un calore fisico che emotivo, è un luogo di comfort. Mi dà la sensazione di essere protetta.


Cosa fai quando ti manca la Sardegna?

Ascolto sempre le launeddas! Luigi Lai su Spotify. Oppure i Tazenda, “Spunta La Luna Dal Monte”, “No potho reposare”...


Se ci fosse stata la possibilità di lavorare e studiare qui, pensi che saresti partita ugualmente?

Sì. Perché non sono andata via per andare via dalla Sardegna o perché non ci stessi bene, ma sono andata via perché volevo vedere altre cose e voglio continuare a vedere altre cose, ad imparare cose nuove. E qua mi sembrava di aver raggiunto già un certo livello di saturazione.


Pensi che quindi, se la Sardegna fosse stata perfetta, in termini di opportunità-?

Sì, io da quando ero piccola volevo viaggiare, volevo vedere altre cose. Per me era un'esigenza quasi fisica, sia quella di andarmene che quella di tornare. E vivo sempre la mia vita in questa tensione, del dover andare, ma anche della mancanza e del voler sempre tornare.


Quindi per te cosa significa tornare?

Per me, tornare in Sardegna è un po' fare un resoconto di quello che ho imparato fuori. All'estero ho sempre fatto esperienze abbastanza forti, ho visto tanti posti diversi, mi sono confrontata con culture molto diverse. Sono sempre stata o in altri paesi europei o fuori dall'Europa, quindi per me tornare a casa è sempre un momento di raccoglimento in cui rifletto su quello che ho imparato su me stessa e sugli altri, e rimetto un po' in ordine le cose nella mia testa.

Luca


Descrivi l'isola con una parola.

Forza.


Cosa fai quando ti manca la Sardegna?

Mi piace leggere qualche storia sull'isola e informarmi su un sito archeologico dove vorrei andare una volta tornato.


Se ci fosse stata la possibilità di lavorare e studiare qui, pensi che saresti partito ugualmente?

Assolutamente no, amo la Sardegna e soprattutto la mia città, Cagliari, sia nei suoi pregi che nei suoi difetti.


C'era qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta di partire?

Fortunatamente sono stati tutti molto felici della mia partenza. Genitori, zii e amici sapevano che qua difficilmente sarei riuscito a trovare un posto che consentisse di sentirmi realizzato e tutti mi hanno incoraggiato a iniziare una nuova esperienza altrove. Il percorso è appena iniziato e spero di riuscire davvero in questo, non deludendo nessuno, in primis me stesso.

Michela


Descrivi l'isola con una parola.

Culla. Sia in senso positivo che negativo. Una culla ti fa sentire al sicuro, protetto, però la si può immaginare anche con un recinto, e in tal caso sembra più una gabbia.


Se ci fosse stata la possibilità di studiare e lavorare qui, pensi che saresti partita ugualmente?

Sì. Ho sempre sentito il bisogno di uscire dalla tranquillità di paese e conoscere altre realtà. Adoro il caos di Milano e mi ci ritrovo, perché non ha importanza chi tu sia e cosa tu faccia, tutti vanno di fretta e non pensano a te, e questo mi fa sentire più leggera. A tal proposito c'è da dire che è stato difficile trovare persone di cui potermi fidare. Da questo punto di vista la Sardegna è molto diversa, i rapporti sembrano più autentici.


C'è stato qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta?

No, no.  La mia famiglia mi ha sempre sostenuto, e gliene sono davvero grata. Sapevano che volevo partire e l'hanno sempre rispettato, hanno avuto una mentalità molto aperta da questo punto di vista.


Cosa significa per te “tornare”?

Sentirmi di nuovo cullata e al sicuro.

Valentino


Descrivi l'isola con una parola.

Casa.


Se ci fosse stata la possibilità di studiare e lavorare qui, pensi che saresti partito ugualmente?

No, sarei rimasto.


Perché?

Qua c'è la famiglia, ci son gli amici, c'è il mare. E poi qua in Sardegna si conduce un certo stile di vita per cui lo stress è azzerato, o meglio, si cerca di tenerlo ai minimi termini, molto basso. E si riesce a vivere con un ritmo di vita più salutare innanzitutto, e più tranquillo.


C'è stato qualcuno che non ha sostenuto la tua scelta?

No. "Scelta", nel senso...?


La scelta di partire. Nel momento in cui hai detto di partire, c'è stato qualcuno...?

No. Tutti hanno sostenuto la scelta, almeno, gli amici e i parenti a cui l'ho raccontato. Però ci sono state delle rivelazioni inaspettate da parte di qualcuno che consideravo mio amico, e che non ha condiviso la gioia, ma anzi ha dato inizio a una gelosia nei miei confronti, che ha condotto poi alla fine dell'amicizia. E da lì si è capito che non era amicizia ma competizione.

Il mio è un lavoro un po' statico, ma è utile dal punto di vista della ricerca. Io mi sono proposto per fare esperienza all'estero per variare - non avevo mai fatto l'Erasmus o Intercultura durante il liceo, ma c'è sempre stato il pallino di voler partire fuori, in Spagna, in Francia, o comunque in posti lontani un'ora di aereo da Cagliari. Ma così non è stato, e mi è stato proposto di partire in America, e ho confermato subito. La cosa divertente è che questa proposta è arrivata dal mio laboratorio nel giorno del mio compleanno, mentre mi facevano gli auguri! Così ho chiamato mia mamma e le ho detto, “Mamma, vado in America.”

Poi sì, dopo aver pianto di gioia al telefono abbiamo realizzato cosa volesse dire partire in America, però comunque tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, letteralmente. Come disse Dorothy Gale, “There's no place like home”. 

InstagramFacebookEmail